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Newsletter n. 4 del 28 marzo 2023

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Sommario

Unioni civili, rilevanza della precedente convivenza e assegno divorzile: atti rimessi al Primo Presidente della Corte di cassazione per l’eventuale assegnazione della questione alle Sezioni Unite

Con ordinanza interlocutoria n. 2507 del 2023, la Prima Sezione Civile della Corte di cassazione ha rimesso gli atti al Primo Presidente per valutare l’opportunità dell’assegnazione alle Sezioni Unite della questione di massima di particolare importanza se, nel caso di scioglimento dell’unione civile, ai fini del riconoscimento dell’assegno divorzile al componente dell’unione civile che ne abbia fatto richiesta, assumano rilevanza anche i fatti intercorsi tra le parti anteriori alla costituzione dell’unione civile stessa.

La vicenda all’attenzione della Corte di cassazione originava dal rifiuto espresso dalla Corte di appello di Trieste di riconoscere alcun assegno divorzile alla richiedente, sulla base della considerazione per cui i fatti che avrebbero eventualmente giustificato tale attribuzione erano precedenti all’entrata in vigore della legge n. 76 del 2016 (legge che, introducendo l’istituto delle unioni civili, aveva reso possibile la effettiva formalizzazione del rapporto fra le due).

Secondo la Corte di appello, dunque, l’assenza di una disciplina legale e la mancata previsione dell’efficacia retroattiva della menzionata legge escludevano che potessero assumere rilievo i fatti, precedenti all’entrata in vigore della legge n. 76 del 2016, addotti dalla richiedente quali sacrifici lavorativi finalizzati a rendere più gratificante e serena la convivenza.

Avverso tale decisione della Corte di appello, veniva promosso ricorso per cassazione.

Con l’ordinanza in commento, il Collegio riteneva che le censure poste dalle ricorrenti richiedessero la soluzione prioritaria della questione relativa alla rilevanza, ai fini dell’attribuzione del diritto all’assegno spettante al componente dell’unione civile, delle circostanze fattuali anteriori all’entrata in vigore della L. n. 76 del 2016 e capaci di incidere sull’assegno di divorzio.

Infatti, la ricorrente principale asseriva che, ai fini della valutazione delle componenti assistenziali e perequativo-risarcitorie dell’assegno, il giudice dovrebbe tenere in considerazione anche fatti anteriori all’istituto dell’unione civile introdotta soltanto nell’anno 2016 dalla ricordata L. n. 76.

A parere della I Sezione, “si tratta di questione sicuramente nuova che non può non inquadrarsi nel contesto in cui si inserì la legge sulle unioni civili, all’indomani della pronunzia della Corte edu, 21 luglio 2015, Oliari c. Italia – resa all’interno di un procedimento che aveva propiziato Corte Cost. n. 138/2010 – nella quale si ritenne che lo Stato italiano aveva violato l’art. 8 CEDU – senza che fosse esaminata in quanto ritenuta assorbita la prospettata violazione dell’art. 14 CEDU avendo il Governo italiano <ecceduto il suo margine di discrezionalità e non ha ottemperato all’obbligo positivo di garantire che i ricorrenti disponessero di uno specifico quadro giuridico che prevedesse il riconoscimento e la tutela delle loro unioni omosessuali>”

Per questo motivo – e considerata anche la recente rimessione da parte della I sezione alle Sezioni Unite civili della simile questione relativa alla rilevanza della convivenza prematrimoniale cui sia seguito il matrimonio, successivamente naufragato, ai fini della determinazione dell’assegno divorzile – gli atti venivano rimessi al Primo Presidente, per le valutazioni di sua competenza in ordine alla possibile assegnazione della controversia alle Sezioni Unite.

Corte EDU: la pubblicazione sistematica dei dati personali degli evasori fiscali viola la Convenzione europea dei diritti dell’uomo

Il 9 marzo 2023, la Grande Camera della Corte europea dei diritti umani (Corte EDU) ha condannato l’Ungheria per violazione dell’art. 8 della Convenzione (diritto al rispetto della vita privata e familiare).

In particolare, il ricorrente, L.B., lamentava un danno alla sua reputazione dipendente dalla pubblicazione dei suoi dati personali, da parte delle autorità fiscali ungheresi, sul sito ufficiale governativo.

La pubblicazione dei dati veniva ritenuta lecita dai Tribunali interni e dalla Corte Costituzionale, in virtù di una specifica legge interna, la legge “sull’amministrazione fiscale del 2003”.

La legge, a seguito di un emendamento del 2006, prevedeva la formulazione di una lista dei “debitori fiscali principali”, comprendente i debitori d’imposta con debiti eccedenti la somma di 10 milioni di fiorini ungheresi da oltre 180 giorni.

Il ricorrente veniva, perciò, indicato nella lista dei ‘’debitori fiscali principali’’ sul sito web ufficiale dell’Agenzia dell’entrate ungherese.

Inoltre, l’indirizzo di residenza del sig. L.B. veniva reso pubblico senza il suo consenso in una mappa interattiva di evasori fiscali pubblicata da un canale di comunicazione online.

La Grande Camera, nella pronuncia in commento, nel dichiarare la violazione dell’art. 8 CEDU da parte del governo ungherese, osservava che la pubblicazione sistematica dei dati personali costituisse un’interferenza eccessiva e non necessaria nella vita privata del ricorrente e degli altri contribuenti, richiamando così il legislatore ungherese al rispetto della protezione dei dati personali indipendentemente dalla situazione di regolarità dei contribuenti con il fisco.

La Corte Costituzionale sul termine di decadenza per la richiesta di indennizzo del danno vaccinale

Con sentenza n. 35 del 2023, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma 1, della L. 25 febbraio 1992, n. 210 (Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati), nella parte in cui non prevede che il termine di decadenza per la richiesta di indennizzo del danno vaccinale decorra non solo dal momento dalla conoscenza dello stesso, ma anche e soprattutto dal momento della consapevolezza della sua indennizzabilità.

Con ordinanza del 17 gennaio 2022, infatti,  la Corte di cassazione, sezione lavoro, sollevava, in riferimento agli artt. 2, 3, 32 e 38 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale della norma summenzionata “nella parte in cui non prevede che l’effetto di decadenza conseguente alla presentazione della domanda oltre il triennio, decorrente dal momento in cui l’avente diritto risulti aver avuto conoscenza del danno, sia limitato ai ratei relativi al periodo antecedente al suddetto periodo triennale”.

La Corte di cassazione si trovava a dover decidere sul ricorso proposto dal Ministero della salute avverso una sentenza d’appello che aveva ritenuto corretto applicarsi all’indennizzo per danno vaccinale il criterio della decadenza cosiddetta “mobile”, in base al quale la causa estintiva del diritto indennitario opererebbe limitatamente ai ratei interni al triennio.

Tuttavia, secondo la Cassazione, il criterio della decadenza “mobile”, stabilito per i trattamenti pensionistici, non potrebbe essere esteso in via interpretativa all’indennizzo del danno vaccinale, atteso che l’art. 3, comma 1, della L. n. 210 del 1992 “non fa cenno alcuno ad un effetto decadenziale limitato a singole parti della prestazione economica oggetto del diritto”.

Pertanto, in base alla norma censurata, la Corte avrebbe dovuto ritenere la parte istante decaduta dal diritto ad ottenere l’indennizzo nella sua interezza, senza possibilità di limitare la suddetta decadenza alle mensilità maturate prima del triennio.

Di qui la violazione degli artt. 2, 3, 32 e 38 della Costituzione.

La Corte Costituzionale, nel pronunciarsi sulla questione osservava che la norma censurata – ove dispone che il termine di tre anni per la presentazione della domanda, pur a fronte di una prestazione indennitaria “nuova”, ovvero di una “nuova” categoria di beneficiari, aggiunta dalla sentenza di illegittimità costituzionale n. 107 del 2012, decorra comunque dal pregresso momento di conoscenza del danno – pone una limitazione temporale che collide con la garanzia costituzionale del diritto alla prestazione, vanificandone l’esercizio.

Tale limitazione comporta l’illogica pretesa che gli interessati rispettino un termine per la proposizione di una domanda relativa a un indennizzo per il quale, al momento in cui ebbero conoscenza del danno, non avevano alcun titolo.

In conclusione, con la sentenza in commento, la Corte Costituzionale dichiarava l’illegittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 2 e 32 Cost., dell’ art. 3, comma 1, della legge n. 210 del 1992, nella parte in cui dispone che il termine triennale di decadenza per la richiesta di indennizzo del danno vaccinale decorra dalla conoscenza, a cura dell’avente diritto, del danno e non della sua indennizzabilità, poiché la conoscenza del danno, che segna il dies a quo del triennio per la presentazione della domanda amministrativa, suppone che il danneggiato abbia acquisito consapevolezza non soltanto dell’esteriorizzazione della menomazione permanente dell’integrità psico-fisica e della sua riferibilità causale alla vaccinazione, ma anche della sua rilevanza giuridica e quindi dell’azionabilità del diritto all’indennizzo.

Lo Studio LLBR vi invita a partecipare al convegno, organizzato dall’Unione Forense per la tutela dei diritti umani, su “Le alterne vicissitudini della protezione italiana ai richiedenti asilo: dalla protezione umanitaria a quella speciale”

Lo Studio LLBR vi invita a partecipare al convegno gratuito, organizzato dall’Unione Forense, su “Le alterne vicissitudini della protezione italiana ai richiedenti asilo: dalla protezione umanitaria a quella speciale”.

Il Convegno, che vedrà la partecipazione di insigni studiosi, professori e giudici della Corte di cassazione, tratterà della delicata tematica della protezione internazionale; tematica che, chiaramente, si inserisce nella più ampia cornice del diritto e delle politiche dell’Unione europea in materia di immigrazione e asilo.

Il Convegno si terrà in modalità mista il giorno 18 aprile 2023, dalle ore 15.30 alle ore 18.30, presso il centro Esperienza Europa – David Sassoli, sito in Piazza Venezia n. 6, Roma e sarà altresì trasmesso in diretta streaming tramite la piattaforma Teams.

Per iscriversi o per avere maggiori informazioni è possibile inviare una e-mail al seguente indirizzo: info@unionedirittiumani.it .

Posticipata la data di inizio del Corso per avvocato in “Tutela dei diritti umani e protezione internazionale”

Si segnala che l’inizio del Corso per avvocato in “Tutela dei diritti umani e protezione internazionale”, organizzato dall’ Unione forense per la tutela dei diritti umani (UFDU), è stato posticipato al 5 maggio 2023.

In particolare, con bando di proroga del 22 febbraio 2023, è stata disposta la riapertura dei termini di iscrizione e il differimento dell’inizio delle lezioni al 5 maggio 2023.

Sarà, quindi, possibile iscriversi al Corso sino al 30 aprile 2023. È altresì prorogato al 30 aprile 2023 il termine per la presentazione della domanda d’assegnazione di n. 3 borse di studio a parziale copertura della quota di iscrizione alla Scuola di Alta formazione specialistica dell’Avvocato internazionalista.

Di conseguenza, il primo anno di corso inizierà in data 5 maggio 2023 e terminerà in data 12 aprile 2024, mentre il secondo anno di corso inizierà in data 3 maggio 2024 e terminerà in data 11 aprile 2025, come da calendario.

Per avere ulteriori informazioni, anche relativamente ai costi di iscrizione, potete contattarci al seguente indirizzo di posta elettronica: scuola@avvocatointernazionalista.com

Corso di specializzazione sulla “Tutela europea dei diritti umani” – XXIII edizione – 2023

L’Unione forense organizza la ventitreesima edizione del corso di specializzazione sulla “Tutela europea dei diritti umani”.

Il corso, primo del suo genere in Italia, è tenuto dai massimi esperti in materia ed è rivolto allo studio del funzionamento del sistema di tutela dei diritti fondamentali, con un particolare focus sul sistema della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU) e delle tutele previste nel diritto dell’Unione europea.

Al giorno d’oggi, l’esigenza di approfondire tali tematiche non è più trascurabile; la Convenzione ha infatti acquisito negli ultimi anni un ruolo sempre più significativo nel contesto dei Paesi membri del Consiglio d’Europa. Tale risultato è stato raggiunto anche grazie all’opera apprestata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, organo giurisdizionale permanente con sede a Strasburgo, che vigila sul rispetto da parte degli Stati membri degli obblighi previsti dalla CEDU. Lo stesso dicasi per la tutela dei diritti fondamentali in seno all’Unione europea, come garantita dalla Corte di giustizia dell’UE in specie a seguito dell’adozione della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea nel 2000 (la c.d. Carta di Nizza) e del suo valore come normativa primaria.

Il corso si articolerà in una serie di sei incontri, della durata di tre ore ciascuno, i seguenti venerdì: 9 giugno, 16 giugno, 23 giugno, 30 giugno, 7 luglio, 14 luglio 2023.

 

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