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Newsletter n. 6 del 5 novembre 2025

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Sommario

Tartamella e altri c. Italia: ancora una pronuncia di violazione in materia di confisca

di Adriana Raimondi

Con la recente sentenza nel caso Tartamella e altri c. Italia, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha accertato la violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 alla CEDU in relazione al sequestro e alla confisca di beni appartenenti a due delle ricorrenti.

Il caso riguarda il sequestro e la confisca di beni appartenenti ai ricorrenti, il cui valore è stato ritenuto dalle corti interne equivalente al ricavato di reati commessi dai loro familiari, autori di alcuni reati di natura economico-fiscale. Le misure, in sostanza, si basavano sulla constatazione che, anche se i ricorrenti risultavano quali proprietari formali dei beni, questi ultimi erano a disposizione dei loro familiari.

Con riferimento alle prime due ricorrenti (ricorso n. 26338/19), nel 2008 era stata avviata un’indagine penale nei confronti del di loro padre per omessa presentazione della dichiarazione dei redditi ai sensi dell’articolo 5 del decreto legislativo n. 74 del 2000, truffa e bancarotta fraudolenta. Nel corso di tale procedimento, il giudice per le indagini preliminari di Brescia aveva disposto il sequestro dei beni delle figlie ai fini della confisca di una somma equivalente ai proventi del reato, ai sensi dell’articolo 1 paragrafo 143 della legge n. 244 del 2007.

Il provvedimento si basava sull’assunto che la registrazione dei beni a nome delle ricorrenti fosse fittizia e che il padre avesse utilizzato le figlie come intestatarie di comodo per sottrarre i beni ai creditori, sulla base della mancanza di mezzi economici delle ricorrenti e di una testimonianza secondo la quale il padre avrebbe dichiarato di essere il reale proprietario di un edificio a Brescia formalmente intestato alle figlie.

Con i differenti ricorsi presentati, i ricorrenti lamentavano la violazione dell’articolo 7 della Convenzione, sostenendo di essere state punite per reati commessi da altri, e dell’articolo 1 del Protocollo n. 1, denunciando il carattere sproporzionato e imprevedibile delle misure di sequestro e confisca; una di esse invocava inoltre l’articolo 6 paragrafo 1, affermando di non aver avuto accesso a un rimedio effettivo per contestare la legittimità della confisca dei propri beni.

La Corte, dal canto suo, riconosceva la violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 con esclusivo riferimento alle prime due ricorrenti, ricordando che il sequestro e la confisca costituiscono un’ingerenza nel diritto di proprietà e che devono quindi essere disposte in conformità al criterio di legalità, al criterio del perseguimento dello scopo legittimo e al principio proporzionalità.

Nel caso di specie, invece, le autorità nazionali si erano limitate a richiamare la mancanza di risorse economiche e a riferirsi in modo generico a pratiche di intestazione fittizia, senza fornire elementi concreti e obiettivi idonei a dimostrare che i beni confiscati fossero effettivamente nella disponibilità dei condannati.

Lottizzazione abusiva: la Corte di Strasburgo condanna l’Italia per l’illegittima confisca di beni a seguito della prescrizione del reato

di Valentina De Giorgio

Con sentenza del 9 ottobre 2025, la Corte europea dei diritti dell’uomo si è pronunciata sul caso Petruzzo e altri c. Italia, riguardante la confisca di terreni e fabbricati oggetto del reato di lottizzazione abusiva.

La vicenda traeva origine da due ricorsi presentati da otto cittadini italiani.

Il primo gruppo di ricorrenti (ricorso n. 1986/09) era composto dai comproprietari di terreni situati a Campobello di Mazara (Trapani), per un totale di 97.000 metri quadrati, che tra il 1996 e il 1998 avevano costruito due edifici su meno di 300 metri quadrati di quel terreno, successivamente venduti a terzi. Nel 2001 venivano indagati per lottizzazione abusiva per “cambio di destinazione d’uso del terreno in violazione delle norme urbanistiche”. Nel 2005, il Tribunale di Marsala li assolveva, ordinando la restituzione dei beni sequestrati, ritenendo che non vi fossero prove sufficienti per configurare il reato ipotizzato. A seguito di appello presentato dalla Procura, nel 2007 la Corte d’Appello di Palermo annullava la sentenza del Tribunale. Il procedimento si concludeva con sentenze di proscioglimento per intervenuta prescrizione, ma la Corte d’Appello ordinava comunque la confisca del terreno e degli edifici. La sentenza veniva poi confermata dalla Corte di cassazione.

Il secondo gruppo (ricorso n. 67556/13) comprendeva i terzi che nel 1998 e nel 1999 avevano acquistato i due appartamenti costruiti dal primo gruppo di ricorrenti. Tale secondo gruppo era rimasto estraneo ai procedimenti di confisca dei loro beni, di cui venivano informati solo in modo informale da un impiegato di banca. Essi avevano avviato un procedimento per ottenere la revoca del provvedimento di confisca, ma i tribunali nazionali avevano ritenuto che non avessero agito con la dovuta diligenza e che avrebbero dovuto sospettare che la proprietà non corrispondesse alla sua destinazione d’uso. Le loro istanze venivano quindi rigrattate.

Entrambi i gruppi di ricorrenti lamentavano la violazione dell’art. 7 CEDU (nulla poena sine lege), sostenendo che era stata loro inflitta una pena imprevedibile in mancanza di una condanna definitiva, nonché dell’art. 1 del Protocollo 1 alla CEDU (tutela della proprietà), in quanto la confisca dei loro beni era stata illegittima e sproporzionata.

Con la sentenza in parola, la Corte di Strasburgo, in relazione al primo gruppo di ricorrenti, ha concluso che non vi era stata violazione dell’art. 7 CEDU. Per quanto attiene al secondo gruppo di ricorrenti, la Corte ha osservato che era stata loro inflitta una sanzione nonostante non fossero stati parti nel procedimento penale e non fossero mai stati formalmente accusati di alcun reato. La loro capacità di difendersi era stata quindi seriamente limitata, in considerazione delle argomentazioni che avrebbero potuto sollevare se fossero stati parti nel procedimento penale. Di conseguenza, la Corte ha concluso che l’imposizione di una sanzione al secondo gruppo di ricorrenti, senza che essi fossero stati parti nel procedimento penale o fossero stati prima condannati, non era compatibile con i requisiti dell’art. 7 CEDU, che era stato violato.

Per quanto riguarda la violazione dell’art. 1 del Protocollo 1 alla CEDU, la Corte ha ritenuto che il primo gruppo di ricorrenti avesse dovuto sopportare un onere eccessivo e irragionevole. Infatti, i tribunali nazionali avevano ordinato la confisca di tutti i terreni (per un totale di 97.000 metri quadrati), mentre gli edifici costruiti e venduti illegalmente occupavano una superficie inferiore a 300 metri quadrati. La Corte ha riscontrato, altresì, una violazione degli obblighi procedurali di cui all’art. 1 del Protocollo 1 alla CEDU anche nei confronti del secondo gruppo di ricorrenti, che non aveva avuto la possibilità di partecipare al procedimento che aveva portato alla confisca dei loro beni.

La Corte, all’unanimità, ha dunque condannato lo Stato italiano al risarcimento dei danni morali e alla restituzione dei beni confiscati ai ricorrenti del primo gruppo e alla sig.ra Marsala, una delle ricorrenti del secondo gruppo.

Danno da perdita del rapporto parentale: la sofferenza dei familiari è presunta fino a prova contraria

di Adriana Raimondi 

Con ordinanza n. 28255 del 24 ottobre 2025, la Cassazione civile ha ribadito il principio per cui in caso di morte causata da un illecito, la sofferenza morale è presunta ex art. 2727 c.c. non solo per il coniuge e i figli della vittima, ma anche per genitori e fratelli.
Non assume rilievo l’eventuale assenza di convivenza o la distanza geografica, elementi che incidono solo sulla quantificazione del danno. Spetta invece al convenuto dimostrare l’indifferenza o l’ostilità tra vittima e superstite per escludere il diritto al risarcimento.

Il caso sottoposto all’attenzione della Suprema Corte origina dalla sentenza emessa dal Tribunale di Venezia con cui veniva riconosciuto il risarcimento del danno patito per la morte del loro congiunto al coniuge e ai figli di un lavoratore deceduto per esposizione all’amianto, rigettando, al contempo, la domanda della sorella per mancanza di allegazioni specifiche. La Corte d’appello confermava la decisione.

La Cassazione, con l’ordinanza in commento, censurava questa impostazione: le dichiarazioni della sorella – di essere l’unica superstite, di avere con il fratello un legame affettivo costante e una frequentazione assidua – non potevano infatti essere considerate generiche ai fini del riconoscimento della sofferenza morale, che si presume fino a prova contraria.

Richiamando la sua giurisprudenza, la Suprema Corte ha ribadito con forza il principio secondo il quale la morte di una persona causata da un illecito fa presumere, ex art. 2727 c.c., una conseguente sofferenza morale non solo per i membri della famiglia “successiva” (coniuge e figli), ma anche per quelli della famiglia “originaria” (genitori e fratelli).

Non rileva, quindi, che vittima e superstite non convivessero o fossero distanti – circostanze valutabili solo ai fini del quantum debeatur – mentre grava sul convenuto l’onere di provare che tra i due vi fosse indifferenza o odio, tali da escludere qualsiasi pregiudizio non patrimoniale.

Convegno “Giurisprudenza europea e materia penale dalla cognizione all’esecuzione”

dalla Redazione dello Studio

Il 4 novembre 2025, dalle ore 12.00 alle ore 14.00, si è tenuto a Roma, presso il Palazzo di Giustizia (Aula Avvocati), il Convegno “Giurisprudenza europea e materia penale dalla cognizione all’esecuzione”.

La Conferenza dei Giovani Avvocati dell’Ordine degli Avvocati di Roma ha promosso un importante momento di confronto dedicato ai rapporti tra diritto penale, giurisprudenza europea e tutela dei diritti fondamentali. Tra i relatori, l’Avv. Prof. Anton Giulio Lana, Presidente di UFDU e dell’Institut des Droits de l’Homme des Avocats Européens (IDHAE), è intervenuto con un contributo dal titolo: “L’avvocato nel contesto europeo dinanzi alla C.E.D.U.”

La locandina dell’evento è scaricabile qui.

Convegno “Settantacinquesimo anniversario della Convenzione europea dei diritti umani”

dalla Redazione dello Studio

Il 4 novembre 2025, dalle ore 15.00 alle ore 17.00, si è tenuto a Roma, presso il Palazzo di Giustizia (Aula Avvocati), il Convegno dedicato al 75° anniversario della Convenzione europea dei diritti umani, organizzato dalla Commissione diritti umani del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma.

L’evento può essere visualizzato in differita tramite la piattaforma dell’Ordine degli Avvocati di Roma al seguente link: www.centroformazioneavvocatura.it.

La locandina dell’evento è scaricabile qui.

Seminario su “Diritto del mare e tutela internazionale dell’ambiente”

dalla Redazione dello Studio

L’Unione forense per la tutela dei diritti umani organizza una serie di incontri su “Diritto del mare e tutela internazionale dell’ambiente”.

Il seminario è aperto a tutti coloro i quali siano interessati ad approfondire l’argomento del diritto del mare e dell’ambiente, la sua giurisdizione, la gestione delle migrazioni via mare e lo sfruttamento delle risorse. Le lezioni saranno tenute da parte di alcuni dei massimi esperti in materia.

Al termine del corso è previsto il rilascio di un attestato di partecipazione. Il Consiglio Nazionale Forense ha riconosciuto n. 18 crediti formativi per la partecipazione all’intero seminario e n. 3 crediti formativi per ciascuno dei sei incontri.

Il seminario si articola in 6 incontri, che si terranno in modalità streaming attraverso la piattaforma Microsoft Teams nelle seguenti date:

  • venerdì 21 novembre 2025 (ore 14.00 – 18.00) – “L’evoluzione del diritto del mare e la gestione giuridica degli spazi”, Prof. Avv. Giuseppe Cataldi, Professore ordinario di diritto internazionale nell’Università di Napoli “L’Orientale”, Presidente dell’Association Internationale du Droit de la Mer;
  • venerdì 5 dicembre 2025 (ore 14.00 – 18.00) – “Cambiamenti climatici e contenzioso interno e internazionale”, Avv. Luca Saltalamacchia, Avvocato in Napoli;
  • venerdì 19 dicembre 2025 (ore 14.00 – 18.00) – “Navigazione, giurisdizione e sfruttamento delle risorse in alto mare: aspetti normativi e casi applicativi”, Prof. Avv. Giuseppe Cataldi;
  • venerdì 16 gennaio 2026 (ore 14.00 – 18.00) – “Regime internazionale della pesca e sistema di soluzione delle controversie previsto dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare”, Prof. Avv. Giuseppe Cataldi;
  • venerdì 23 gennaio 2026 (ore 14.00 – 18.00) – “Tutela dell’ambiente, diritti umani e diritto allo sviluppo”, Prof. Avv. Lorenzo Schiano Di Pepe, Professore ordinario di diritto dell’Unione Europea nell’Università di Genova; 
  • venerdì 6 febbraio 2026 (ore 14.00 – 18.00) – “I mari chiusi e semichiusi e la gestione delle migrazioni via mare”, Prof. Avv. Giuseppe Cataldi.

Il costo della partecipazione al seminario (6 incontri) è di 220,00 € oltre IVA (270,00 € complessivi). È possibile iscriversi ai singoli incontri con una quota di partecipazione di € 45,00 oltre IVA (€ 55,00 complessivi).

Le iscrizioni dovranno pervenire entro il 7 novembre 2025. Per iscriversi è necessario compilare il modulo di iscrizione che può essere reperito sul sito dell’associazione oppure richiesto tramite mail all’indirizzo info@unionedirittiumani.it.

Per ulteriori informazioni rivolgersi alla segreteria dell’Unione forense per la tutela dei diritti umani (sig.ra Gioia Silvagni), tel. 06-8412940.

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