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Newsletter n. 14 del 23 dicembre 2022

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Sommario

La Corte di Cassazione, in un rapporto pubblicato in occasione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne, ricorda gli obblighi positivi imposti dalla CEDU in materia di violenza domestica

In occasione del 25 novembre, Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, il Comitato Pari Opportunità del Consiglio Direttivo presso la Corte di cassazione ed il Gruppo di lavoro per l’attuazione dei Protocolli con la Corte di Giustizia Europea e con la Corte EDU, costituito presso la Corte di cassazione, ha pubblicato un documento contenente gli estratti tradotti delle più importanti sentenze emesse dalla Corte europea dei diritti dell’uomo nei confronti dell’Italia in materia di violenza domestica, al fine di rammentare l’importanza di contribuire a promuovere una cultura sempre più diffusa di tutela dei diritti fondamentali.

Nel documento in commento viene inoltre ricordato che gli artt. 2 (diritto alla vita) e 3 (divieto di trattamenti inumati e degradanti) CEDU impongono, per giurisprudenza costante della Corte europea dei diritti dell’uomo, agli Stati ed alle loro istituzioni obblighi positivi di protezione delle vittime di reati, senza discriminazione alcuna. In particolare, gli Stati hanno l’obbligo di:

  • prevedere un apparato normativo idoneo a consentire un’efficace protezione delle vittime di reati;
  • predisporre misure operative astrattamente idonee a garantire un tempestivo intervento;
  • intervenire in concreto, in modo tempestivo ed efficace, con l’applicazione di misure adeguate.

Di fatto, la Corte EDU ha più volte ribadito il principio per cui se le autorità sono a conoscenza (o avrebbero dovuto esserlo) dell’esistenza di un rischio reale e imminente per la vita di un determinato individuo a causa delle azioni criminali di un terzo sono tenute a  prendere tutte le misure che ci si può ragionevolmente aspettare da loro per evitare tale rischio (principio espresso per la prima volta in Osman c. il Regno Unito e successivamente specificato in relazione alla violenza domestica in Kurt c. Austria).

Tale principio è stato ripreso in numerose sentenze che condannano l’Italia per non aver tutelato adeguatamente le vittime di violenza domestica, si pensi alla celebre sentenza resa nel caso Talpis c. Italia del 2 marzo 2017, e alle recentissime pronunce del 2022 rese nei casi Landi c. Italia, M. S. c. Italia, De Giorgi c. Italia; I.M. e altri c. Italia, di cui la Corte di Cassazione offre un’utile rassegna con l’auspicio che in materia le autorità italiane possano fare meglio.

Infine, anche se non contenuto nel documento in esame, non può non ricordarsi della decisione del Comitato CEDAW (Comitato ONU garante dell’applicazione della Convenzione per l’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne) del 18 luglio u.s., che, in un caso di violenza domestica e di stupro (perpetrato dall’agente incaricato a svolgere le indagini relative alla violenza domestica), condannava l’Italia per la violazione degli artt. 2 (b)-(d) e (f), 3, 5 e 15 della CEDAW.

La Corte EDU si pronuncia ancora una volta in materia di gestazione per altri nel caso K.K. c. Danimarca

Con sentenza del 6 dicembre 2022 (ricorso n.25212/2021), la Corte europea dei diritti dell’uomo si è pronunciata ancora una volta in materia di gestazione per altri, dando applicazione ai principi espressi in diversi suoi precedente e, soprattutto, all’interno della sua prima Advisory Opinion ex Protocollo 16 del 2019.

Il caso in commento aveva origine dal rifiuto opposto dalle autorità danesi alla ricorrente K.K. relativamente alla possibilità di adottare i suoi figli (biologicamente figli del suo partner) nati da gestazione per altri commerciale effettuata in Ucraina. Secondo la legge danese, infatti, l’adozione non è consentita nei casi di gestazione per altri a titolo oneroso.

La Corte, nella sentenza in commento, escludeva la violazione dell’art. 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare), sia sotto il profilo della vita privata che della vita familiare, in capo alla ricorrente; allo stesso modo escludeva che non fosse stata rispettata la vita familiare dei bambini che avevano da sempre vissuto con entrambi i genitori.

La Corte, accertava, invece, la violazione dell’art. 8 CEDU, sotto il profilo del rispetto della vita privata dei figli della ricorrente, che erano stati posti in una situazione di incertezza giuridica (si pensi ai diritti ereditari).

Infatti, la normativa danese, che all’art. 15 della legge sulle adozioni sancisce il divieto di procedere all’ adozione del minore nato da gestazione per altri a titolo oneroso, non prevede nessun altro strumento per riconoscere un legame genitoriale tra i minori così nati e il genitore “intenzionale”.

Ribadendo che l’interesse del minore è primario in questi casi, la Corte ha rilevato che le autorità danesi non sono riuscite a trovare un giusto bilanciamento tra gli interessi dei minori e l’interesse pubblico a limitare gli effetti negativi della gestazione per altri commerciale.

La Corte ha per questi motivi dichiarato la violazione dell’art. 8 CEDU (vita privata) nei confronti dei minori ricorrenti con 4 voti favorevoli e ben tre contrari. Desta, a tal proposito, preoccupazione l’opinione dissenziente espressa dai giudici Kjølbro, Koskelo e Yüksel.

Il Tribunale di Arezzo ritiene di non poter procedere ad un’interpretazione costituzionalmente orientata dalla legge n. 40/2004 in materia di procreazione medicalmente assistita

Con decreto del 10 novembre 2022, il Tribunale di Arezzo ha affermato il principio, non costituente una novità, per cui in caso di concepimento all’estero mediante l’impiego di tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo, voluto da coppia omoaffettiva femminile, deve essere rettificato l’atto di nascita del minore, nato in Italia, che indichi quale madre, oltre alla donna che ha partorito, l’altra componente la coppia donatrice dei gameti, poiché il legislatore ha inteso limitare l’accesso a tali tecniche di procreazione medicalmente assistita alle sole situazioni di infertilità patologica, alle quali non è equiparabile l’infertilità della coppia omoaffettiva. Né può invocarsi un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 8 della legge n. 40 del 2004, non potendosi ritenere tale operazione ermeneutica imposta dalla necessità di colmare in via giurisprudenziale un vuoto di tutela che richiede, in una materia eticamente sensibile, necessariamente l’intervento del legislatore.

Tale decisione ci ricorda come sia ormai indispensabile, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 32/2021 in materia di PMA, l’intervento del legislatore al fine di colmare il gravissimo vulnus di tutela rappresentato dall’impossibilità per il minore nato in Italia da fecondazione eterologa eseguita all’estero, di vedersi riconosciuto un pieno legame genitoriale con entrambe le sue madri. Nel caso in cui il legislatore non dovesse, come sembrerebbe, apportare i correttivi auspicati dalla Corte Costituzionale, si renderà forse necessario un suo nuovo positivo intervento, vista la resistenza che le Corti di merito dimostrano – nonostante la persistente inerzia del legislatore – nel prendere decisioni in materia maggiormente conformi alla nostra Costituzione.

Corso per avvocato in “tutela dei diritti umani e protezione internazionale”

Si segnala l’inizio del corso di specializzazione per avvocato in “tutela dei diritti umani e protezione internazionale” organizzato dall’’Unione forense per la tutela dei diritti umani (di seguito, UFDU).

L’UFDU – iscritta nell’elenco delle associazioni forensi specialistiche maggiormente rappresentative ai sensi dell’art. 35, co. 1, lett. s) della legge 31 dicembre 2012 n. 247 – organizza, attraverso la propria Scuola, la I edizione del Corso summenzionato.

 La Scuola dell’Unione forense per la tutela dei diritti umani ha carattere nazionale e i suoi corsi sono riservati ad avvocati iscritti all’Albo; ha lo scopo di assicurare un livello di alta qualificazione in materia di diritti umani e di protezione internazionale, con un orientamento alla formazione teorico-pratica. La struttura e il programma del corso organizzato dalla Scuola sono stati curati da alcuni dei massimi esperti nazionali nelle materie dei diritti umani e della protezione internazionale.

Nel quadro della nuova normativa della professione forense, è  infatti prevista la possibilità di indicare il titolo di specialista. In attesa della definitiva messa a punto della disciplina regolamentare, la Scuola Nazionale di Alta formazione specialistica dell’Unione forense per la tutela dei diritti umani ha deciso di attivare il Corso nel nuovo settore di specializzazione relativo alla “Tutela dei diritti umani e protezione internazionale”.

Per realizzare tale Corso la Scuola si avvale delle apposite convenzioni sottoscritte con la Scuola Superiore dell’Avvocatura, il Dipartimento di Scienze Giuridiche dell’Università di Firenze, il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università della Campania “Luigi Vanvitelli”, l’Università di Macerata, la Facoltà di Giurisprudenza della “Sapienza” Università di Roma e il Dipartimento di Scienze Giuridiche dell’Università di Udine.

Il corso ha durata biennale per un totale di 225 ore di formazione (come previsto dalla normativa nazionale) ed avrà inizio a marzo 2023.

L’iscrizione è aperta agli avvocati iscritti a uno degli albi degli ordini forensi nazionali. Il numero massimo dei partecipanti per le sedi centrali è fissato ad 80 partecipanti e di 30 partecipanti per ogni sede secondaria che sarà attivata.

Per avere ulteriori informazioni potete consultare quetso sito oppure inviare una e-mail al seguente indirizzo di posta elettronica: scuola@avvocatointernazionalista.com

Gli auguri dello Studio legale Lana Lagostena Bassi Rosi

Lo Studio e tutti i suoi componenti hanno il piacere di augurarVi di trascorrere delle serene giornate di festività con i Vostri affetti più cari e di ricominciare nel migliore dei modi l’anno nuovo.