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Newsletter n. 2 del 1° febbraio 2022

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Sommario

Gestazione per altri: la I sezione civile della Cassazione si interroga dopo la sentenza n. 33 del 2021 e rimette la questione al primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite

Con la sentenza n. 33 del 2021,  la Corte Costituzionale, una volta rilevata l’inadeguatezza dell’istituto dell’adozione in casi particolari ex art. 44 lett. d) della legge 184/1983 nel riconoscere un legame genitoriale tra il minore nato da gestazione per altri e il genitore intenzionale, rivolgeva  un forte monito al legislatore affinché adeguasse “il diritto vigente alle esigenze di tutele degli interessi dei bambini nati da maternità surrogata – nel contesto del difficile bilanciamento tra la legittima finalità di disincentivare il ricorso a questa pratica, e l’imprescindibile necessità di assicurare il rispetto dei diritti dei minori (…)”.

La sentenza n. 33 del 2021, a parere della I sezione della Corte di Cassazione, annoverandosi a pieno titolo tra le c.d. “decisioni monitorie”, ha creato un vuoto normativo, che nelle more di una legislazione sul punto, dovrà essere colmato in via giurisprudenziale, non essendo più applicabile la soluzione offerta dalla sentenza n. 12193/2019 delle Sezioni Unite, che suggeriva, quale mezzo di tutela adeguato per il minore nato da gestazione per altri, proprio il riconoscimento del legame di filiazione con il genitore intenzionale per mezzo dell’adozione in casi particolari.

In particolare, la Cassazione si chiede se l’eventuale delibazione di una sentenza straniera, o, trascrizione di un atto di nascita prodotto all’estero, che riconosca il legame di filiazione del bambino nato da gestazione per altri con entrambi i genitori, possa trovare spazio nel nostro ordinamento o sia inesorabilmente destinato a scontrarsi con il divieto penale di surrogazione di maternità, assurto ormai a principio di ordine pubblico.

L’ ordinanza interlocutoria del 21 gennaio 2022 n. 1842 offre argomentazioni particolarmente interessanti sul punto e allo stesso tempo pone all’attenzione del primo Presidente, per l’eventuale assegnazione alle Sez. Unite le seguenti questioni, tutte interconnesse fra loro:

  1. se la sentenza della Corte Costituzionale n. 33 del 2021, accertando l’insufficienza dell’istituto dell’adozione in casi particolare nello stabilire un legame tra il minore nato da maternità surrogata e il genitore intenzionale, abbia determinato il superamento dell’orientamento impresso dalle Sez. Unite con la sentenza n. 12193/2019;
  2. se la mancata attuazione del monito rivolto al legislatore nella sentenza n. 33 del 2021 abbia determinato un vuoto normativo;
  3. se e come tale vuoto normativo sia superabile in via interpretativa, non risultando più adeguata e conforme ai migliori interessi del minore la soluzione approntata dalla sentenza n. 12193/2019;
  4. se una possibile interpretazione adeguatrice possa consistere nel configurare la valutazione del confitto del riconoscimento del rapporto di filiazione con il genitore di intenzione con l’ordine pubblico internazionale come una valutazione da effettuarsi in concreto nei singoli casi, secondo criteri di inerenza, proporzionalità e ragionevolezza;
  5. se in questo tipo di valutazione il giudice debba considerare oltre l’interesse del minore al rispetto della sua identità personale e alla vita privata e familiare, anche la tutela della dignità della donna, madre gestazionale, prevenendo “qualsiasi attentato che, sempre in concreto, possa derivare dal riconoscimento all’istituto dell’adozione”;
  6. se criteri come l’adesione libera e consapevole e slegata da necessità economiche della donna alla gestazione, la revocabilità del consenso fino alla nascita del bambino, la necessità dell’apporto genetico da parte di almeno uno dei genitori e la valutazione in concreto degli effetti di un diniego sugli interessi in gioco, possano essere presi in considerazione al fine di orientare l’attività dei giudici di merito;
  7. se, da ultimo, un limite alla possibilità di non riconoscere lo status filiationis acquisito all’estero da un minore italiano nato da gestazione per altri derivi anche dal diritto dell’Unione Europea (come sembrerebbe suggerire la recente sentenza della Corte di Giustizia dell’UE del 14 dicembre 2021).

La Corte Europea dei diritti dell’uomo condanna l’Italia per la violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare in un caso avente ad oggetto una dichiarazione di adottabilità

Con sentenza pubblicata il 20 gennaio 2022, la Prima Sezione della Corte Europea dei diritti dell’uomo si pronunciava sul caso D.M. e N. c. Italia (ricorso n. 60083/19), confermando la sua giurisprudenza in merito alla dichiarazione di adottabilità.

Nella fattispecie, a seguito di violenze domestiche da parte del compagno, la prima ricorrente (di seguito anche “la madre”) e sua figlia (di seguito “seconda ricorrente” o “la minore”) venivano accolte in una casa-famiglia di Brescia.

Dopo aver trascorso i primi anni nella casa-famiglia, impegnandosi nel riacquisire l’indipendenza economica e affettiva, l’incapacità genitoriale della madre veniva messa in questione e gli operatori della casa-famiglia chiedevano al Tribunale l’affidamento della minore. Tra le varie questioni sollevate dagli operatori figuravano in particolare delle dichiarazioni di terzi – la cui affidabilità non è mai stata verificata – in merito alla vita affettiva dell’interessata nonché a comportamenti sessualizzati della minore. Il 3 settembre 2015 il pubblico ministero chiedeva la sospensione dell’autorità parentale della prima richiedente e l’apertura di una procedura di adottabilità della minore. Fin da subito, la prima ricorrente aveva chiesto che fosse disposta una consulenza tecnica d’ufficio (CTU) volta a verificare le proprie capacità genitoriali e lo stato di salute psichica della seconda ricorrente.

Il 15 dicembre 2015, con ordinanza immediatamente esecutoria, il Tribunale dichiarava l’adottabilità della seconda ricorrente: sulla base dei resoconti forniti dagli operatori sociali e senza ritenere necessario disporre una CTU, il Tribunale riscontrava un’incapacità genitoriale irreversibile della madre. Riteneva, inter alia, che la ricorrente conducesse uno stile di vita instabile in ragione dei vari lavori occasionali che esercitava, ma soprattutto perché “si era legata ad un uomo che la maltrattava” e “aveva scelto di concepire un bambino con un uomo che aveva appena incontrato” (traduzione della scrivente).

Tale posizione veniva confermata dalla Corte d’appello e, con sentenza del 12 febbraio 2019, la Cassazione rigettava il ricorso proposto avverso detta decisione ritenendo che la dichiarazione di adottabilità fosse provvista di base legale e che il respingimento della richiesta di CTU fosse stato adeguatamente motivato.

La prima ricorrente proponeva ricorso alla Corte Edu, sollevando una violazione dell’articolo 8 della Convenzione. La ricorrente sosteneva che, da un lato, la dichiarazione di adottabilità della figlia non era stata motivata da circostanze eccezionali, la sussistenza delle quali è necessaria affinché una misura radicale come la rottura del legame familiare possa trovare applicazione (si veda a riguardo l’articolo 8 della L. n. 184 del 1983). Dall’altro lato, la ricorrente evidenziava che le autorità italiane non avevano compiuto gli sforzi necessari ad evitare una misura così estrema quando invece sarebbe stato sufficiente intraprendere un percorso di sostegno mirato a destinazione dei genitori.

Nel pronunciarsi all’unanimità, la Corte Edu ha ravvisato una violazione dell’art. 8 della Convenzione, ritenendo che nonostante le decisioni delle autorità italiane fossero previste dalla legge e adottate allo scopo di soddisfare degli interessi legittimi ai sensi dell’articolo 8§2 della Convenzione – quali la protezione della salute o della morale e la protezione dei diritti e delle libertà altrui – l’ingerenza che una dichiarazione di adottabilità è tale da dover essere supportata da elementi di prova sufficienti ed adeguati. Difatti, la mera considerazione temporale sostenuta dalle autorità italiane – secondo cui, nonostante le possibilità di recupero delle capacità genitoriali da parte della madre fosse comunque preferibile, e nell’interesse superiore della minore, procedere con una tale dichiarazione – non è sufficiente a supportare una rottura radicale e definitiva del legame familiare, in particolare quando misure alternative e meno radicali risultano disponibili. Per di più, la Corte dichiara ingiustificate e irrilevanti ai fini della valutazione delle capacità genitoriali della madre le considerazioni delle autorità interne circa la sua libertà sessuale e le sue scelte affettive.

Nuovi rischi di Racial Profiling per i migranti in Grecia a causa del programma di raccolta dati biometrici della polizia

Negli ultimi anni la Grecia ha progettato un programma di polizia per la raccolta di dati biometrici delle persone in partnership con Intracom Telecom. È del dicembre 2019 l’annuncio della polizia greca della firma del contratto con la società di telecomunicazioni globale per contribuire a creare il programma dal titolo “Smart policing”. Il programma ha un costo stimato di 4,5 milioni di euro e sarà finanziato per il 75% dal “Fondo per la sicurezza interna” della Commissione europea. Attualmente non ci sono però ancora indicazioni su quando il programma verrà attivato ufficialmente.

Recentemente l’organizzazione non governativa Human Rights Watch (HRW) ha dichiarato che il rischio è quello di amplificare le dinamiche discriminatorie già in atto nel Paese poiché l’intenzione delle forze dell’ordine greche sarebbe quella di utilizzare i dati biometrici raccolti su vasta scala attraverso il supporto dei database della polizia, dell’immigrazione e del settore privato. Secondo HRW, inoltre, il rilevamento dei dati biometrici potrebbe favorire e aumentare la pratica del Racial Profiling.

Grazie a “Smart policing” le forze dell’ordine riceveranno dispositivi intelligenti con un software integrato per consentire la scansione delle targhe dei veicoli, raccogliere le impronte digitali e scansionare i volti. Dopo la raccolta, i dati potranno essere immediatamente confrontati con quelli già archiviati in 20 database di autorità nazionali e sovranazionali. In base alle specifiche tecniche del progetto, il sistema cancellerà immediatamente le scansioni delle impronte digitali se non vi è corrispondenza con gli altri database, mentre in caso di corrispondenza i dati saranno conservati per un periodo di tempo non ancora specificato. Secondo quanto dichiarato dalle stesse autorità greche, “Smart policing” è un modo più efficiente per identificare i migranti sprovvisti di documenti.

Allo stato attuale, per come formulato, il programma “Smart policing” non sarebbe conforme alla direttiva dell’Unione europea 2016/680 del 27 aprile 2016 “relativa  alla  protezione  delle  persone  fisiche  con  riguardo  al  trattamento  dei  dati  personali  da  parte delle  autorità  competenti  a  fini  di  prevenzione,  indagine,  accertamento  e  perseguimento  di  reati  o esecuzione  di  sanzioni  penali,  nonché  alla  libera  circolazione  di  tali  dati e  che  abroga  la  decisione quadro  2008/977/GAI  del  Consiglio”. All’art. 8, co. 2, si afferma che “il diritto dello  Stato  membro  che  disciplina  il  trattamento  nell’ambito  di  applicazione  della  presente  direttiva specifica  quanto  meno  gli  obiettivi  del  trattamento,  i  dati  personali  da  trattare  e  le  finalità  del  trattamento”. Inoltre all’art. 10  viene prevista una maggiore tutela per il trattamento di particolari categorie di dati personali in quanto si afferma che “Il  trattamento  di  dati  personali  che  rivelino  l’origine  razziale  o  etnica,  le  opinioni  politiche,  le  convinzioni  religiose  o filosofiche  o  l’appartenenza  sindacale,  e  il  trattamento  di  dati  genetici,  di  dati  biometrici  intesi  a  identificare  in  modo univoco  una  persona  fisica  o  di  dati  relativi  alla  salute  o  di  dati  relativi  alla  vita  sessuale  della  persona  fisica  o  all’orientamento  sessuale  è  autorizzato  solo  se  strettamente  necessario,  soggetto  a  garanzie  adeguate  per  i  diritti  e  le  libertà dell’interessato  e  soltanto: a)  se  autorizzato  dal  diritto  dell’Unione  o  dello  Stato  membro; b)   per  salvaguardare  un  interesse  vitale  dell’interessato  o  di  un’altra  persona  fisica;  o c)  se  il  suddetto  trattamento  riguarda  dati  resi  manifestamente  pubblici  dall’interessato”.

Entrata in vigore del nuovo termine quadrimestrale per adire la Corte Europea dei diritti dell'uomo

Il 1° febbraio 2022 entra in vigore il nuovo termine per adire la Corte Europea dei diritti dell’uomo, una delle principali novità introdotte dal Protocollo n. 15 recante emendamento alla Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali.

Tra le altre, il Protocollo riduce a 4 mesi il periodo entro il quale il ricorso deve essere presentato alla Corte, invece di 6. Tale modifica si applica soltanto ai ricorsi la cui decisione interna finale viene emessa a partire dal 1° febbraio 2022, compreso.

Qui il testo del Protocollo.

Offerta formativa dell’Unione forense per la tutela dei diritti dell’uomo

Al via la nuova stagione dei corsi offerti dall’Unione Forense per la Tutela dei Diritti Umani con il contributo di autorevoli avvocati esperti nel settore, professori universitari e magistrati.

Come ormai da più di 50 anni, l’Unione si prefigge lo scopo di diffondere la conoscenza delle norme interne e di carattere internazionale riguardante la tutela dei diritti umani attraverso la formazione di alto livello rivolta ad avvocati, operatori giuridici, studenti e attivisti.

Da sempre attenta alle nuove necessità di formazione e di tutela dei diritti fondamentali, l’Unione Forense per la Tutela dei Diritti Umani propone tre nuovi corsi nella propria offerta formativa:

1) La tutela dell’ambiente: https://lnkd.in/dE9a5Mrr

2) Procreazione Medicalmente Assistita e nuove genitorialità: https://lnkd.in/dYQZTa9t

3) Tutela del diritto di proprietà nella CEDU: https://lnkd.in/dtxvmibN